Star bene si può!

Solo Elpis, la speranza, come in una casa indistruttibile, dentro all'orcio rimase, senza oltrepassarne la bocca, né fuori volò, perchè prima Pandora aveva rimesso il coperchio per volere di Zeus egíoco che aduna le nubi.

Elpis è ancora nel vaso.

SOPRAFFATTI DALLA RABBIA: come possiamo gestirla?

Pubblicato da il Maggio 16, 2023 in Adulti, Psicologia clinica, Psicologia del lavoro, Salute e benessere, stress

SOPRAFFATTI DALLA RABBIA: come possiamo gestirla?

A chi non capita di arrabbiarsi? Un amico ci manca di rispetto, riceviamo un torto, subiamo un’ingiustizia e subito siamo assaliti da una spiacevole tensione interiore, così forte e così intensa che spesso fatichiamo a controllare e a nascondere e che ci spinge a reagire per difenderci… La riconoscete? Si tratta della rabbia!

Ma… che cos’è precisamente?

Niente più che un’emozione di base! Uno stato affettivo intenso, filogeneticamente determinato, che si attiva in risposta a diversi stimoli interni o esterni all’individuo e all’interpretazione cognitiva che vi attribuiamo. Si tratta di un’emozione a base innata, con funzione adattiva che tuttavia può diventare causa di sofferenza per il soggetto quando la sua intensità è molto elevata e si protrae a lungo, talvolta compromettendo le relazioni sociali e sfociando in azioni dannose. Quando ci arrabbiamo la nostra espressione facciale si modifica: aggrottiamo violentemente le sopracciglia, scopriamo e digrigniamo i denti e stringiamo le labbra.

La rabbia può manifestarsi in vari modi, sia a livello fisico che emotivo. A livello fisico, si possono sperimentare sintomi come tensione muscolare, aumento della frequenza cardiaca, sensazione di calore e respiro affannoso. A livello emotivo, la rabbia può presentarsi come irritabilità, frustrazione, impazienza e desiderio di vendetta. Possiamo avere manifestazioni comportamentamentali aggressive, come urlare, insultare, rompere oggetti, fino ad arrivare a veri e propri comportamenti violenti.

Più nel dettaglio è possibile interpretare la rabbia come un processo che vede il susseguirsi di alcune fasi – inizio, durata e attenuazione – a cui si accompagnano modificazioni fisiologiche dovute all’attivazione del sistema nervoso autonomo che ci prepara all’azione come l’aumento del battito cardiaco, della tensione muscolare e la sensazione soggettiva di calore e irrequietezza, e altrettante modificazioni comportamentali simili a quelle osservate negli animali a livello mimico e corporeo.

La rabbia può essere interpretata come un costrutto multidimensionale (Novaco 1978, 1997; Howels 1998) costituito da:

  • il dominio fisiologico: ovvero l’attivazione generale, che è tanto più intensa e duratura quanto più riteniamo di non possedere gli strumenti adatti a fronteggiare gli eventi minacciosi;
  • Il dominio cognitivo: ovvero i pensieri automatici, le credenze e le immagini che si generano;
  • Il dominio fenomenologico: ovvero la consapevolezza soggettiva;
  • Il dominio comportamentale: ovvero il linguaggio del corpo e le espressioni facciali.

Tra questi, la dimensione cognitiva gioca un ruolo fondamentale nell’esperienza della rabbia.

Quando ci troviamo difronte ad un evento per noi elicitante, ad esempio l’essere trattati male dal nostro partner, mal gestire conflitti interpersonali, cadere provocazioni esterne percepire ingiustizie,..i pensieri negativi che si attivano automaticamente rinforzano le nostre emozioni negative, rischiando di sfociare in azioni distruttive (Beck, 1999).

E… se dovessimo dire che cosa ci fa arrabbiare, cosa sceglieremmo?

Nel 1977, lo psicologo Izard ha identificato alcune possibili cause della rabbia.

Tra queste vi sono: essere trattati male, essere costretti a fare qualcosa contro la propria volontà, essere abbandonati, delusi, traditi, sapere di essere odiati, essere oggetto di attacchi fisici o verbali, essere criticati, sentire di aver fallito, vedere andare male i propri progetti, assistere ad azioni stupide o violente e fare qualcosa che non viene apprezzato. In ciascuna di queste condizioni, l’attivazione della rabbia avviene quando interpretiamo un evento come di ostacolo al perseguimento dei nostri obiettivi o quando riteniamo di aver subito un torto (D’Urso & Trentin, 2001). Ci piacere aggiungere che proviamo rabbia ogniqualvolta abbiamo una aspettativa non risolta. Pensiamo che le cose debbano svolgersi in un certo modo e questo non accade.

La variabile cognitiva, pertanto, risulta essere determinante: è il modo in cui percepiamo ed interpretiamo uno stimolo ad attivare la rabbia (Novaca, 1975).

All’interno di questo delicato processo giocano un ruolo fondamentale anche le valutazioni che facciamo circa la responsabilità, l’intenzionalità e la consapevolezza che attribuiamo alla persona che compie un’azione ingiusta: la rabbia si attiva tutte le volte che pensiamo di aver subito un torto intenzionale, malevolo, immotivato e compiuto da qualcuno che riteniamo indesiderabile (Averill 1982). Inoltre, vittime di un errore fondamentale di attribuzione, spesso tendiamo a rintracciare le cause del comportamento altrui nelle loro caratteristiche di personalità, sottovalutando i fattori situazionali, e compiendo attribuzioni di responsabilità molto più spesso interne che esterne (Jones & Davis, 1965; Jones & Harris, 1967; Ross, 1977).

Secondo la teoria cognitiva, la condotta dell’essere umano è regolata da scopi, vale a dire stati desiderati, impliciti o espliciti, che l’individuo cerca di raggiungere o evitare.

Quali sono gli scopi della rabbia?

Secondo Tangney (2002), esistono diversi scopi che sottostanno alla rabbia:

scopi costruttivi: volti a modificare il comportamento dell’altro al fine di ottenere qualcosa per sé, a rafforzare il rapporto con l’altra persona o ad asserire la propria libertà;

scopi malevoli: volti ad interrompere o peggiorare il rapporto con l’altro, a vendicarsi per un torto realmente subito o percepito, ad esprimere odio o disapprovazione;

scopi evasivi: volti a diminuire l’intensità della rabbia attraverso l’aggressività.

Sperimentiamo la rabbia ogni qualvolta ci imbattiamo in un ostacolo per il raggiungimento dei nostri obiettivi o quando riteniamo che i nostri diritti siano stati violati;

è altresì vero che ci arrabbiamo quando sentiamo minacciata la nostra autostima o la nostra immagine sociale: emerge così la funzione adattiva della rabbia, che risiede nell’istinto di difendersi per sopravvivere all’ambiente in cui ci troviamo.

Infine, tra le funzioni collegate alla rabbia vi è quella di stabilire una gerarchia: così come nel mondo animale anche nelle società umane si crea la necessità di definire una gerarchia tra appartenenti alla stessa specie (Catelfranchi, 1998).

La rabbia rappresenta pertanto un campanello di allarme, determinando una mobilitazione orientata ad affrontare o eliminare la fonte della minaccia!

 Ora che abbiamo compreso cosa si cela dietro questa emozione, come possiamo imparare a gestirla?

Attualmente l’approccio cognitivo-comportamentale risulta una delle terapie più efficaci, supportate dalla ricerca scientifica.

Nella gestione della rabbia, essa aiuta la persona a consapevolizzare sé stessa dei contenuti del pensiero disfunzionali, a modularli e modificarli, lavorando sul cambiamento del comportamento conseguente. Questo fa sì che l’individuo riesca a far fronte agli eventi della vita in maniera più efficace promuovendo il proprio benessere psico-fisico.

La psicoterapia cognitivo-comportamentale si serve di molteplici tecniche che possono aiutare nella gestione della rabbia:

  • Consapevolezza emotiva. Imparare a riconoscere e accettare la propria rabbia come un’emozione normale. Monitorare i segnali fisici e le manifestazioni emotive per poter intervenire in modo adeguato.
  • Il Problem Solving. Imparare a identificare le cause sottostanti della rabbia e a cercare soluzioni pratiche ed efficaci per affrontarle. Impostare obiettivi realistici e mettere in atto azioni concrete per affrontare le situazioni che causano rabbia. Applicato appunto al trattamento della rabbia, ne diminuisce l’intensità grazie allo spostamento dell’attenzione sulla soluzione del problema, andando ad aumentare i comportamenti funzionali.
  • L’Esplorazione di alternative, che consiste nel formulare prospettive alternative rispetto a quelle che la persona sviluppa e nell’analisi dei pro e dei contro di un evento, andando a differenziarli nel breve e nel lungo termine. Questa tecnica è finalizzata a tener conto delle conseguenze più o meno immediate che la rabbia può attivare nel soggetto.
  • Il Training Assertivo, per sviluppare abilità di comunicazione efficaci e quindi imparare a esprimere i propri sentimenti e bisogni in modo chiaro, diretto e rispettoso e a sviluppare abilità di ascolto attivo per favorire la comprensione reciproca nelle interazioni interpersonali. Si dimostra efficace nella gestione della rabbia poiché consente di allenare il soggetto ad esprimere chiaramente emozioni, opinioni e bisogni, affermando i propri diritti ma senza esprimerli con agiti aggressivi. Questo trattamento si è dimostrato costruttivo nell’implementare l’autostima e la percezione di efficacia personale nelle interazioni sociali.
  • La tecnica di Ristrutturazione Cognitiva. Esaminare e modificare i pensieri negativi o distorti che contribuiscono alla rabbia. Sostituire pensieri irrealistici con pensieri più razionali e bilanciati. Andare quindi a lavorare sulla messa in discussione dei pensieri disfunzionali sottoponendo in analisi il pensiero e la categoria a cui esso appartiene andando, dunque, aa esaminare in maniera obiettiva la realtà ponendosi una serie di interrogativi ad esempio “questa rabbia serve ad evitare le difficoltà che incontro con gli altri?”

Michaela Fantoni

Beatriz Sophia Binda

Federica Schianni

 

 

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