Star bene si può!

Solo Elpis, la speranza, come in una casa indistruttibile, dentro all'orcio rimase, senza oltrepassarne la bocca, né fuori volò, perchè prima Pandora aveva rimesso il coperchio per volere di Zeus egíoco che aduna le nubi.

Elpis è ancora nel vaso.

A scuola arrivano i BES. Ma cosa sono i BES e perché questa nuova etichetta?

Pubblicato da il Febbraio 15, 2014 in Apprendimento, Età evolutiva, Infanzia, Scuola

A scuola arrivano i BES. Ma cosa sono i BES e perché questa nuova etichetta?

Le recenti disposizioni ministeriali sugli alunni con Bisogni Educativi Speciali (BES) hanno suscitato, un vivace dibattito dentro e fuori la scuola. Il rischio di medicalizzare dei semplici problemi educativi e di etichettare delle normali differenze individuali è alto se non si ha chiara la normativa e le sue disposizioni.

L’espressione Bisogni Educativi Speciali (BES) fa riferimento all’emanazione della Direttiva Ministeriale del 27 dicembre 2012 “Strumenti di intervento per alunni con Bisogni Educativi Speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica“ . La Direttiva stessa ne precisa brevemente il significato: “L’area dello svantaggio scolastico è molto più ampia di quella riferibile esplicitamente alla presenza di deficit. In ogni classe ci sono alunni che presentano una richiesta di speciale attenzione per una varietà di ragioni: svantaggio sociale e culturale, disturbi specifici di apprendimento e/o disturbi evolutivi specifici, difficoltà derivanti dalla non conoscenza della cultura e della lingua italiana perché appartenenti a culture diverse”.

L’obiettivo è garantire l’accesso all’apprendimento a tutti i bambini con svantaggi e difficoltà! Infatti, l’acronimo BES viene utilizzato per indicare una vasta area di studenti per i quali il diritto, sancito dalla Legge 53/2003, della personalizzazione dell’insegnamento deve essere applicato con determinate accentuazioni in quanto a peculiarità, intensività e durata delle modificazioni.

Chi individua i BES?

La nostra scuola ha affrontato sino ad ora una personalizzazione dell’apprendimento per gli alunni che mostrano bisogni “certificati”, ossia riconosciuti formalmente da un’autorità sanitaria esterna alla scuola. Solo in seguito a questa procedura gli insegnanti si potevano attivare personalizzando gli interventi.

La normativa dei BES, invece, chiede alla scuola di passare da un’ impostazione clinica a una pedagogica-didattica. L’applicazione della Circolare 8/13, ossia “l’individuazione dell’alunno come BES”, diventa pertanto prerogativa esclusiva della scuola. La scuola quindi si assume la responsabilità di decidere cosa fare e come fare per facilitare l’apprendimento a fronte di un bisogno accertato, tenendo oltremodo in considerazione contesto e convenienza dell’intervento di personalizzazione proposto, vantaggi e svantaggi.

La Circolare Ministeriale 8/13 afferma : «[…] è compito doveroso dei Consigli di classe o dei teams dei docenti nelle scuole primarie indicare in quali altri casi sia opportuna e necessaria l’adozione di una personalizzazione della didattica […]». La scuola individua gli alunni per i quali è «opportuno e necessario» il PDP, Piano Didattico Personalizzato, ma non dichiara e non certifica “alunni con BES”! Identificare un alunno con BES significa riconoscere per lui la necessità non solo di un percorso didattico diverso da quello dei compagni, ma anche di una sua ufficializzazione, come assunzione formale di impegni e responsabilità da parte della scuola e, se possibile, anche della famiglia.

Chi sono i bambini con BES?

Parola d’ordine: facilitare l’apprendimento a tutti!

Ormai da anni gli alunni che hanno una certificazione clinica o di disabilità hanno un PDP che garantisce loro il diritto ad una programmazione personalizzata e all’uso degli strumenti compensativi e dispensativi. Ma le difficoltà che gli insegnanti incontrano in aula sono ancore molte. Per permettere alle scuole di tutelare il diritto all’apprendimento di ogni singolo studente, il ministero ha creato una macro-categoria “gli alunni con BES” in cui vengono inclusi oltre agli alunni con disabilità e disturbi evolutivi specifici, anche tutti quei bambini non certificati che hanno bisogni educativi che richiedono risposte tempestive a causa di svantaggi socio-economici, culturali e-o linguistici. Per esempio i bambini stranieri, i disturbi del linguaggio, della condotta e del comportamento, alunni con difficoltà emotive, bambini in attesa di valutazione specialistica e altri ancora.

L’etichetta BES è definitiva?

Dipende!

Molte situazioni non sono affatto stabili e perenni, anzi sono soggette a forti mutamenti nel tempo, a miglioramenti e di conseguenza alla reversibilità.

Può accadere, per esempio, che un alunno immigrato manifesti, nel suo primo anno di inserimento nella scuola italiana, grandi difficoltà nell’apprendere la nuova lingua e che quindi sia da considerare inizialmente un “Bisogno Speciale”. Tuttavia, una volta avvenuti il processo di alfabetizzazione e la buona integrazione nel gruppo classe, lo studente non necessiterà più di una didattica personalizzata.

Un alunno con disturbo evolutivo specifico, avrà sempre il suo disturbo e i suoi personali bisogni educativi.

Quali sono i diritti degli alunni con BES?

Tutti gli alunni con BES hanno il diritto di avere accesso a una didattica individualizzata e personalizzata. Le strategie, le indicazioni operative, l’impostazione delle attività di lavoro, i criteri di valutazione degli apprendimenti e i criteri minimi attesi, trovano definizione all’interno del PDP – Piano Didattico Personalizzato dell’alunno. La stesura del PDP deve sempre collocarsi all’interno di un preciso Piano Annuale per l’Inclusività (PAI).

Il Piano Didattico Personalizzato (PDP)

La scuola è chiamata pertanto a decidere sull’opportunità di questa scelta, che di sicuro non dipende solo dall’entità del bisogno, ma si basa sulla valutazione dell’effettiva convenienza della strategia didattica personalizzata che si intende attuare. In altre parole, bisogna rispondere a domande di questo tipo: per questo alunno, in questa scuola, in questo momento, è veramente necessario, utile, opportuno… stendere un PDP? La valutazione di convenienza deve considerare gli aspetti positivi e negativi dell’intervento e prevedere, con ragionevole certezza, che i vantaggi saranno prevalenti. Perché, certamente, scelte di questo tipo non hanno solo aspetti positivi! Sappiamo benissimo, infatti, che la scelta di differenziare formalmente il percorso didattico di un alunno rispetto a quello dei compagni può influenzare l’autostima, l’accettazione di sè, può contribuire a difficoltà relazionali con i compagni, tensioni familiari e altro. Sono rischi che vanno previsti, valutati, analizzati (prevedendo e attivando eventuali azioni correttive) e confrontati con i benefìci previsti o attesi; ma si va avanti solo se il bilancio è nettamente positivo, almeno nelle previsioni e nelle potenzialità.

La stesura del PDP (Piano Didattico Personalizzato), parte innanzi tutto da una visione di «classe inclusiva» per spostarsi solo successivamente sul singolo alunno, avendo sempre come cornice di riferimento la necessità di collocarsi all’interno di un ben preciso Piano Annuale per l’Inclusività. In definitiva il PDP è un piano didattico pensato e applicabile per gli alunni con BES nei quali la difficoltà emerge nelle abilità di utilizzare i normali strumenti per accedere all’apprendimento, abilità che possono e devono essere supportate, secondo la normativa vigente, per il raggiungimento del successo formativo.
Nel PDP, per ciascuna materia o ambito di studio, devono essere individuati gli strumenti compensativi e dispensativi necessari a sostenere l’ allievo nell’ apprendimento.

Il Piano Annuale per l’Inclusività (PAI)

La Circolare Ministeriale n. 8 del 6 marzo 2013 prevede che il Gruppo di Lavoro per l’ Inclusione (GLI) di ciascuna Istituzione scolastica elabori una proposta di Piano Annuale per l’Inclusività (PAI) riferito a tutti gli alunni con BES, da redigere al termine di ogni anno scolastico (entro il mese di giugno).

Il PAI è uno strumento che può aiutare a contribuire ad accrescere la consapevolezza dell’intera comunità educante sulla centralità e la trasversalità dei processi inclusivi in relazione alla qualità dei “risultati” educativi, per creare un contesto educante dove realizzare concretamente la scuola “per tutti e per ciascuno”.

Nella redazione del PAI, secondo la nota prot. 13588 del 21 agosto 2013 “Bisogni Educativi Speciali, gli obiettivi da raggiungere sono:

  • assicurare intesa e congruenza tra l’ approccio educativo e quello didattico dell’istituzione scolastica;
  • dare valore alla continuità per consenta all’ alunno Bes di usufruire della stessa attenzione e modalità didattica ed educativa
  • stimolare riflessioni, condivise da tutto il Corpo Docente, circa lo stile e l’efficienza di modalità educative e didattiche al fine di favorirne la diffusione nell’ Istituto scolastico e tra scuola diverse
  • documentare osservazioni e attività scolastiche creando una raccolta in formato digitale dei pdp e pdi
  • garantire percorsi didattico-educativi condivisi da tutta l’equipe scolastica senza lasciar spazio a interventi disfunzionali ed improvvisati
  • utilizzare documentate scelte metodologiche al fine di supportare lo sviluppo delle singole potenzialità e competenze degli alunni
  • condividere con le famiglie stili e criteri educativi e pedagogici
  • favorire verifiche in itinere e a fine anno delle misure didattico-educative sperimentate ed utilizzate

In conclusione, qualsiasi insegnante, operatore, educatore, non dovrebbe esimersi dall’indossare occhiali che, a 360 gradi, facciano non solo “guardare in superficie ma entrare un po’ più in profondità, nel reale disagio, considerando la complessità e le difficoltà dello studente.

Avere in classe un “Bisogno Educativo Speciale” deve necessariamente ed obbligatoriamente essere quella condizione da cui partire per sperimentare una nuova “didattica speciale”, personalizzata, efficace e soprattutto inclusiva. Lavorare responsabilmente con un determinato stile di apprendimento e di integrazione al fine di garantire a quel “Bisogno Speciale” le stesse opportunità di apprendere, di migliorare, di stare bene con se stesso e con gli altri.

A cura di Chiara Raffognato e Beatrice Fantoni

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