Star bene si può!

Solo Elpis, la speranza, come in una casa indistruttibile, dentro all'orcio rimase, senza oltrepassarne la bocca, né fuori volò, perchè prima Pandora aveva rimesso il coperchio per volere di Zeus egíoco che aduna le nubi.

Elpis è ancora nel vaso.

QUESTO BIMBO è SCOORDINATO! La Disprassia, un disturbo sottovalutato che influenza lo sviluppo psicomotorio

Pubblicato da il Maggio 15, 2021 in Apprendimento, Età evolutiva, psicomotricità

QUESTO BIMBO è SCOORDINATO! La Disprassia, un disturbo sottovalutato che influenza lo sviluppo psicomotorio

Nella pratica clinica non è raro trovare bambini segnalati in età scolare per una valutazione neuropsicomotoria. Spesso il risultato finale è una diagnosi di Disprassia o Disturbo della coordinazione Motoria.

La domanda che noi terapisti ci poniamo è: ma perché questi bambini non sono stati segnalati prima al neuropsichiatra infantile, viste le evidenti difficoltà motorie emerse nella prima infanzia? Come mai l’aspetto motorio e le sue caratteristiche passano in secondo piano rispetto ad altre competenze dello sviluppo?

Abbiamo provato a rispondere a queste domande entrando nel dettaglio delle basi del disturbo, analizzando come questa disfunzione interessi molteplici aspetti e come possa portare e essere collegata a difficoltà in altri settori dello sviluppo.

Per prima cosa che cosa è una prassia?

Con il termine “prassia” si intende l’abilità nel compiere dei movimenti intenzionali finalizzati a uno scopo, non automatizzati. La prassia è una funzione cognitiva adattiva e si sviluppa attraverso l’interazione e l’integrazione di più sistemi: cognitivo e metacognitivo, socio-ambientale, emotivo, percettivo, motorio tenendo conto dell’importanza dell’attivazione dei processi di controllo. In ambito evolutivo il prefisso “dis” indica un’abilità che non ha raggiunto una adeguata funzionalità è quindi una funzione deficitaria. Possiamo quindi definire la disprassia come “disturbo dell’esecuzione di un gesto o azione intenzionale”, ovvero come la “difficoltà a rappresentarsi, programmare, coordinare ed eseguire atti motori in serie, deputati e finalizzati a un preciso scopo e obiettivo”.

A livello clinico?

Il manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali (DSM) V dedica un grande capitolo alla descrizione di tutti i Disturbi del Neurosviluppo.  Tra questi troviamo un sottogruppo denominato Disturbo del movimento. Per identificare un bambino con difficoltà di coordinazione generale del movimento, non meglio spiegata da altri disturbi, dove la componente prassica solitamente è deficitaria viene utilizzato il termine Disturbo della coordinazione motoria (Developmental Coordination Disorder, DCD).

In letteratura, si evidenzia una considerevole percentuale di bambini con questo disturbo che raggiunge il 6-9% (Zwicker et al., 2012), percentuale che probabilmente aumenterebbe se venisse considerato e riconosciuto questo disturbo anche nell’ambito scolastico. Molti di questi non solo ricevono una diagnosi tardiva, ma possono essere diagnosticati erroneamente come affetti da un Disturbo generalizzato dello sviluppo (DGS) nei casi in cui sia presente una disprassia oculomotoria e un grave disturbo del linguaggio come la disprassia verbale, o da un Disturbo da deficit di attenzione con o senza iperattività (ADD o ADHD) nei casi in cui le difficoltà di organizzazione e di esecuzione si concretizzano nell’incapacità di seguire.

In ambito clinico è ben chiaro a tutti i professionisti come lo sviluppo psicomotorio rappresenti un’unità globale caratterizzata da diverse competenze in svariati ambiti che si interconnettono tra  loro per sostenere e ampliare lo sviluppo del bambino. Risulta evidente considerare importanti tutte le aree dello sviluppo e non considerarle mai separatamente. Purtroppo a volte capita che vengano privilegiate altre competenze, considerate più importanti nella crescita a discapito di evidenti segnali e campanelli di allarme nelle abilità motorie.

Come si manifestano le difficoltà di coordinazione motoria?

Il bambino disprassico si muove in maniera poco agile, spesso non sa usare le due mani contemporaneamente o coordinare braccia e gambe. Durante le attività all’aperto cade, inciampa di frequente e/o corre pesantemente, ha difficoltà ad andare in bicicletta o impara tardi. In ambito scolastico il bambino spesso non sa disegnare, fatica a tenere in mano correttamente la matita e a scrivere, ha una pessima grafia e non sa ritagliare con le forbici. Nei vari contesti di vita il bimbo non sta mai fermo, si distrae in continuazione, non sa organizzare giochi tranquilli che richiedono abilità di motricità fine e coordinazione oculo-manuale. A livello delle autonomie non riesce a vestirsi da solo, non riesce ad abbottonarsi la camicia o i pantaloni e anche quando ci riesce fa tutto in modo maldestro e con molta lentezza. La velocità di esecuzione rappresenta una variabile fondamentale del disturbo, la lentezza esecutiva va considerata strettamente correlata al deficit di sequenzialità. Sebbene la descrizione sopra riportata rappresenti la maggior parte dei bambini con queste difficoltà, si possono trovare settorialmente e/o all’interno di un unico deficit globale alcune sottocategorie. Tra quelle più importanti troviamo: disprassia globale, disprassia oculomotoria, disprassia verbale evolutiva e disprassia della scrittura. Come si evince dalla categorizzazione, la compromissione è presente nei vari settori dello sviluppo che  se non precocemente sostenuti adeguatamente possono causare diverse altre disfunzioni a cascata coinvolgendo altri aree dello crescita in modo  più o meno severo.

Come si può intervenire?

Per far sì che il bambino migliori è importante intervenire il più tempestivamente possibile supportando le evidenze scientifiche basate sulla plasticità neuronale: nella prima infanzia il nostro cervello è immaturo ed è in continua evoluzione, gli stimoli esterni aiutano le connessioni neuronali ad indirizzarsi correttamente per portare a un ampliamento delle competenze. Viceversa, se gli stimoli esterni non favoriscono o non sostengono le difficoltà emerse, queste si consolideranno e avranno meno probabilità di migliorare.

L’intervento riabilitativo, in base alle caratteristiche delle difficoltà emerse viene condiviso con i diversi professionisti dell’età evolutiva, che lavorando in équipe, promuovono non solo l’aumento delle competenze settoriali ma anche la generalizzazione nei diversi contesti di vita quotidiana.

L’intervento neuropsicomotorio precoce ha come scopo principale sostenere le funzioni adattive del bambino in relazione alla qualità di vita promuovendo uno sviluppo armonico. In letteratura è ben descritta l’importanza di un adeguato sviluppo motorio e come esso sia fondamentale non solo per gli aspetti organizzativi del movimento ma anche per gli aspetti qualitativi. Questi bambini presentano un QI intellettivo globale, solitamente nella norma e quindi riescono a percepire le proprie difficoltà. Per questo motivo se non correttamente aiutati a livello riabilitativo presenteranno difficoltà a tollerare la frustrazione, avranno un vissuto personale di inadeguatezza e avranno difficoltà nei contesti sociali e scolastici.  Proprio per queste ricadute è importante non solo sostenere il bambino nelle difficoltà delle funzioni di base e degli schemi di movimento ma anche negli aspetti emotivi e delle funzioni cognitive adattive personali di ciascun bambino.

Il disturbo della coordinazione motoria e le varie tipologie di disprassia rappresentano un grande insieme di difficoltà considerate come fondamentali per uno sviluppo armonico globale e come prerequisiti per le abilità scolastiche.

Ci auguriamo che possa aumentare la consapevolezza di questa tipologia di disturbi e, grazie anche al sostegno della comunità scientifica, ci sia sempre maggior accortezza nel rilevamento dei campanelli di allarme, al fine di promuovere un intervento precoce e aiutare sempre di più la crescita di questi meravigliosi “scoordinati” bambini.

Greta Papini

 

*Durante la lettura potrebbero essere utilizzati termini specifici di genere per facilitare il flusso narrativo. Ogni volta che viene utilizzato un termine specifico di genere, deve essere inteso riferito ad ogni genere, a meno che non sia esplicitamente indicato il contrario.

 

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